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Potenza|Potere |Possibile

 

 

Il tema della Masterclass Meridies 2015 – Potenza, Potere, Possibile – è scritto nel vocabolario stesso dell’Occidente. Se è vero, infatti, che l’intera storia della filosofia non è che un insieme di note a piè di pagine al testo platonico, allora quel che si tratta di commentare è quel luogo del Sofista in cui lo Straniero fornisce la definizione di ciò che ta onta, gli enti, sono: «Intendo in questo modo definire gli esseri, che null’altro sono se non potenza [dynamis]» (247c, 3-4).

Questa potenza non ha il senso della mera possibilità logica. Rilevare e discutere questa differenza chiamerebbe in causa momenti decisivi della tradizione del pensiero: il vocabolario aristotelico della dynamis; la tradizione neoplatonica fino al possest cusaniano; l’avventura moderna culminata nelle categorie modali dell’analitica kantiana, dislocate al di qua delle cose, e il loro precipitare e inverarsi nella necessità, in Hegel; infine, il detto heideggeriano: «più in alto della realtà sta la possibilità», e, insieme, la figura stessa dell’Evento, che restituisce larga parte dell’atmosfera filosofica novecentesca.

Non è però nel senso di una semplice ricognizione storico-storiografica che si chiede di declinare il tema. Qui il presente deve, se mai, scegliersi il suo passato: non tuttavia in via arbitraria, ma per formulare domande che chiedano, oggi, ancora una volta di essere pensate:

che cosa può l’ente? che cosa può un corpo? che cosa può un uomo? che cosa può il potere? che cosa può il dio?

Queste domande possono oggi apparire quasi desuete.

«Che cosa può il dio?»: ma non è il dio pragmaticamente morto – come scriveva Hans Blumenberg – fin dalle origini del Moderno? E vale la pena di resuscitarlo? Perché o per cosa?;

«Che cosa può il potere?», se occorre tornare a farne la geografia, chiedendosi se non diserti ormai i luoghi deputati, disperdendosi oppure coagulandosi in forme inedite e spesso opache, e se non occorra allora rivestirlo di nuova legittimità, o magari declinarlo ancora con autorità?;

«Che cosa può un uomo?», se viene delineandosi lo scenario che già Tocqueville descrive, alla fine della democrazia in America, di una libertà esteriore del tutto effimera, che concede agli uomini di fare molte cose, però dentro una spesso inavvertita «specie di servitù bene ordinata, facile e tranquilla»?»;

«Che cosa può un corpo?»: se è piuttosto sempre più in gioco ciò che di un corpo si può fare, oppure ciò che a un corpo viene fatto? E cosa può davvero un corpo, se non accetta di mutarsi in qualcosa d’altro, tramite prolungamenti, aggiunte e innesti tecnici, e di essere infine snaturato?

«Che cosa può l’ente?»: può essere, soltanto essere, un ente? Non vi è in questa identità ciò che già ne compromette la potenza? Ma d’altra parte: può un ente far segno ad altro da ciò che è? E, se può, come può, allora, senza compromettere la sua entità? Non si è qui in bilico fra il dominio delle cose e l’impero dei segni? Ed è questo un bilico, un dilemma o un’aperta contraddizione?

Sin qui, forse, le domande possono persino suonare retoriche o, almeno, passabilmente colte per gli elementi della tradizione culturale che provano a rievocare. Ma il compito di chi vorrà presentare la propria ricerca nell’ambito del percorso della Masterclass Meridies 2015 deve consistere più ambiziosamente nel trasformarle in domande vere, reali, persino urgenti e drammatiche. Domande cioè che si impongano, come si suole dire, con la forza delle cose stesse. E che tutto in fondo chiedono anche un’altra cosa: che cosa può, che cosa deve potere la filosofia?

 

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